Cos’è la vigile attesa e cosa ha deciso il Tar in merito? Nelle scorse ore il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso del Comitato cura domiciliare Covid-19, sospendendo la circolare del ministero della Salute con cui si prevedeva “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo durante i primi giorni della malattia per i pazienti a casa.
Per il giudice il contenuto della nota ministeriale “si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia“.
Covid, cos’è e come funziona la vigile attesa
La circolare del ministero fornisce delle linee guida per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid. Si tratta di raccomandazioni che si riferiscono — si legge sul sito del ministero — alla «gestione farmacologica dei casi lievi di Covid-19».
Per «caso lieve», precisa la circolare, si intende un caso con febbre sopra i 37,5 gradi, malessere, tosse, mal di gola, congestione nasale, cefalea, mialgie, diarrea, mancanza di gusto e olfatto — ma non con difficoltà respiratorie o alterazione dello stato di coscienza.
«In linea generale», per questi soggetti, «non è indicata alcuna terapia al di fuori di una eventuale terapia sintomatica di supporto»: e per la gestione clinica «si forniscono le seguenti indicazioni»:
- vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente)»;
- misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno»;
- assunzione di farmarci per i trattamenti sintomatici — «ad esempio paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso: altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico»;
- «appropriate idratazione e nutrizione, in particolare nei pazienti anziani»
L’utilizzo della terapia precoce con steroidi — si legge ancora — «si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria. L’altra raccomandazione è di «non utilizzare eparina: l’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto». Infine, va evitato «l’uso empirico di antibiotici. La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti con la sola infezione virale da SARS-CoV2 non consentono di raccomandare l’utilizzo degli antibiotici, da soli o associati ad altri farmaci.
Il loro eventuale utilizzo è da riservare esclusivamente ai casi nei quali l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame microbiologico e a quelli in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica». Infine, le linee guida affermano di «non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti» e di «evitare l’uso di benzodiazepine».
Il ricorso
Il ricorso è firmato dal presidente e avvocato Erich Grimaldi e dall’avvocato Valentina Piraino. Si annulla quindi la circolare del ministero della Salute aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, oltre a prevedere la “vigilante attesa” nei primi giorni d’insorgenza della malattia, pone anche indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid.
Disposizione dell’Aifa e del ministero impediscono il lavoro del medico e l’utilizzo di terapie alternative
Per il Tar, “in disparte la validità giuridica di tali prescrizioni, è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito. La prescrizione dell’Aifa, come mutuata dal ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia Covid-19 come avviene per ogni attività terapeutica”.
Circolare in netto contrasto con l’attività di medico
La conclusione è che “il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico dalla scienza e deontologia professionale”.