Vincent Van Gogh, uno dei più noti pittori del primo ‘900, rappresenta il prototipo più famoso di artista maledetto, che vive la sua breve vita tormentato da enormi angosce ed ansie esistenziali, al punto di concludere tragicamente la sua vita suicidandosi.
La sua vita, in continua lotta tra un estremo e l’altro, era alla continua ricerca di una pacatezza continuamente prevaricata dai tumulti dell’animo. L’instabilità, tipica del genio indiscusso, la si nota in maniera sottile anche nelle sue opere: da un cromatismo smagliante, che sembra quasi esplodere dalla tela, alla drammatizzazione del disegno.
Vincent Van Gogh, la vita di un pittore tormentato
Vincent Van Gogh nacque in Olanda il 30 marzo del 1853 da una modesta famiglia. Van Gogh era figlio di un pastore protestante, Theodorus van Gogh e di Anna Cornelia Carbentus, figlia di un facoltoso rilegatore di libri della corte olandese.
La scarsità del suo profitto scolastico convinse la famiglia a trovargli un impiego, dopo aver svolto diversi lavori, decise che la sua vocazione sarebbe stata la teologia. Divenne predicatore, vivendo in villaggi di minatori. Ma qui Van Gogh venne considerato una minaccia dalle gerarchie ecclesiastiche e per tali motivi, venne licenziato.
Un dipinto che ricorda il suo rapporto con le società meno abbienti fu: I mangiatori di patate (1885), dipinto nella fase iniziale della sua pittura.
Era il 1880 quando Van Gogh, all’età di 27 anni, iniziò a dipingere. La sua attività di pittore durò solo dieci anni, mentre, quella caratterizzata dalle sue grandi opere, venne prodotta in quattro anni e mezzo, quando dall’Olanda giunse a Parigi, nel 1886, per raggiungere il fratello Theo.
I suoi insuccessi lavorativi, i suoi rifiuti amorosi, i violenti contrasti con l’amico e pittore Paul Gaugain alimentarono la sua crisi interiore tanto da condurlo, nel 1889, ad un’eccessiva follia. Era il 1890 quando, Vincent Van Gogh, si suicidò, alla sola età di 37 anni, con un colpo di pistola.
Inutile fu il rapporto epistolario e affettivo che ebbe con suo fratello Theo, fu proprio grazie alla raccolta, intitolata Lettere a Theo (raccolte circa 900 lettere) che si conosce molto della vita di quest’artista tanto da essere considerato come “il pittore maledetto”.
Van Gogh, stile e opere
Dal suo primo dipinto, I mangiatori di patate (1885), dai toni scuri, tipici della tradizione olandese, riuscirà ad inserire nelle sue opere, oltre alla potente deformazione espressionista, la virulenta accensione cromatica, tipica di tutte le sue opere.
Il suo arrivo nella città dell’arte, inducono il pittore a dover affrontare e studiare nuovi stili; si avvicinò infatti all’impressionismo, al puntinismo rivisitato e allo stile giapponese.
Uno dei più alti contributi di Van Gogh è stato quello di aver introdotto nella pittura la ricerca sull’espressione soggettiva, cioè la rappresentazioni di emozioni e dei turbamenti interiori dell’individuo.
L’uso di colori accesi e spesso irrealistici resero le sue opere l’espressione diretta della sua tormentata esistenza. La consistenza particolare era dovuta all’inserimento del colore, steso con una spatola, direttamente sulla tela. Inoltre, sperimentò anche la pittura notturna all’aria aperta per cogliere i colori della notte.
Le opere più famose
A differenza di come viene visto oggi, Van Gogh durante la sua vita, riuscì a vendere solo uno dei suoi tanti quadri, intitolato Il vigneto rosso (1888), ad una pittrice belga Anne Boch.
Mentre lui si spegneva ad Auvres, la sua leggenda iniziò a nascere e così anche le sue opere vennero rivalutate.
Vengono qui riportate le opere più importanti dell’autore.