La violenza non è solo quella fisica, potendosi manifestare anche in forma verbale, morale e psicologica. E proprio quest’ultima viene presa in considerazione dalla proposta di legge assegnata lo scorso 11 settembre alla Commissione Giustizia in sede Referente e che mira a introdurre l’art. 610-bis del c.p. rubricato “Riduzione in stato di subalternità“.
Violenza psicologica punita con il carcere
La proposta di legge, d’iniziativa del deputato Tondo, si sofferma sugli effetti della violenza psicologica, “molto insidiosa, perché avviene in maniera subdola, ingannevole, a volte addirittura all’insaputa della stessa vittima, la quale si accorge di essere stata oggetto di soprusi altrui solamente dopo molto tempo”.
La subalternità, si legge nella relazione introduttiva, è un processo lento, che passa attraverso l’isolamento e la messa in dubbio delle capacità della vittima; arriva dopo la seduzione, la persuasione, la manipolazione e, a volte, la coercizione; spesso sfocia in abuso fisico o psichico. Il testo riporta il femminicidio come esempio in cui tale subalternità si può manifestare.
Questo viene descritto come un rapporto di prevalenza del soggetto attivo su quello passivo, tale da comportare il totale assorbimento del secondo nella sfera d’influenza del primo in conseguenza di specifiche e reiterate attività di quest’ultimo, e la separazione del soggetto passivo dal contesto sociale in cui ha vissuto o, comunque, da qualsiasi contesto sociale da lui autonomamente scelto.
E quando una persona, la vittima, percepisce di non avere più il potere di modificare l’ambiente circostante, entra in una combinazione chiamata di “impotenza oppressa“, uno stato di completa passività e di incapacità di trovare soluzioni e che impedisce di sottrarsi alla violenza, anche chiedendo semplicemente aiuto.
Anche la dottrina, richiamata nella relazione introduttiva, è concorde nell’affermare che nella subalternità “non è richiesta una padronanza fisica sulla persona ma un dominio psichico, al quale può eventualmente accompagnarsi, ma non necessariamente, una signoria in senso materiale e corporale; per effetto di questo dominio psichico dell’agente, lo status libertatis della vittima, inteso come stato di diritto, rimane inalterato, ma è la sua libertà individuale quale entità concreta di fatto che viene soppressa”.
Il nuovo reato di “Riduzione in stato di subalternità”
Il nuovo art. 610-bis andrebbe a perseguire, salvo il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con inganno, violenza o minaccia o abusando dello stato di infermità o di deficienza psichica della vittima, riduce o mantiene taluno in uno stato di soggezione continuativa, tale da escluderne o limitarne grandemente la capacità di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Il secondo comma della disposizione precisa che lo stato deve intendersi di soggezione continuativa quando è tale da escludere o limitare grandemente la capacità di autodeterminazione di taluno quando costui è indotto ad assumere comportamenti contrari all’ordine o alla morale della famiglia, anche di fatto, o dell’unione civile, che incidano in modo significativo sull’assistenza materiale, morale e affettiva dei familiari o che siano lesivi della propria integrità fisica, psichica o patrimoniale.
ncora, si ha lesione dell’integrità fisica o psichica quando è cagionata una grave o gravissima malattia nel corpo o nella mente, ai sensi degli articoli 583 e 583-bis.; si ha, invece, lesione dell’integrità patrimoniale quando è cagionato alla persona un danno economico, tenuto conto della sua condizione e capacità economica.
La norma soggiunge che può costituire minaccia anche la prospettazione di un male di tipo spirituale o religioso, che può verificarsi anche dopo la morte, quantunque indipendente dalla volontà del colpevole.
Ipotesi aggravate
La proposta di legge contiene anche un’ipotesi aggravata, con contestuale aumento di pena, qualora il fatto sia commesso ai danni di un minore di anni diciotto, quando il colpevole è l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia.
La pena è aumentata della metà qualora dal fatto derivi una lesione personale gravissima, mentre è aumentata di un terzo se la lesione è grave. Infine, la pena aumentata di un terzo si applica anche nei confronti di chiunque promuova, organizzi o finanzi associazioni o gruppi di persone che istigano, nel perseguimento di fini spirituali o religiosi, a commettere delitti di riduzione in stato di subalternità.