Durante il maxiprocesso per le violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, due testimoni, Maurizio D’Orsi e Raffaele Picone, entrambi ex detenuti dell’istituto di pena, hanno rivelato dettagli scioccanti. D’Orsi e Picone hanno ammesso che alcuni detenuti avevano preparato olio bollente e punteruoli per attaccare gli agenti di polizia penitenziaria durante una protesta il giorno precedente al pestaggio. Questa ammissione contraddice le precedenti testimonianze di altri detenuti, che avevano dichiarato che l’olio bollente fosse destinato alla preparazione di un pasto.
Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il dettaglio dell’olio bollente
Il 5 aprile 2020, i detenuti, in seguito alla scoperta di un caso di positività al Covid-19 tra di loro, si erano barricati nelle sezioni in segno di protesta. Il giorno successivo, la perquisizione straordinaria dei poliziotti penitenziari si trasformò in un violento pestaggio. Durante il processo, è emerso che il “gruppetto di napoletani” aveva organizzato la protesta, riscaldando olio per usarlo come arma contro le guardie. Picone ha anche aggiunto che il traffico illegale di Subutex, un oppiaceo sintetico, era una delle cause scatenanti del fermento tra i detenuti.
Le testimonianze
Un aspetto particolarmente drammatico riguarda la morte di Hakimi Lamine, un detenuto algerino pestato il 6 aprile e poi deceduto mentre era in isolamento. Per la sua morte, 12 persone, tra agenti penitenziari, funzionari e medici, sono attualmente indagate.
Infine, è stato smentito un altro testimone, Vincenzo Matrone, che aveva dichiarato di essere stato aggredito dagli agenti, riportando la frattura di un braccio e la bruciatura della barba. Gli avvocati degli imputati hanno mostrato un video in cui Matrone, la mattina del 7 aprile, appare con la barba intatta e saluta visibilmente con il braccio che aveva dichiarato rotto, mettendo così in dubbio la veridicità delle sue affermazioni