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Chi era Walter Scott? Ecco la vita del maestro considerato tra i più grandi romanzieri europei

Nato ad Edimburgo, capitale della Scozia, fu uno dei maggiori scrittori a cavallo tra Settecento e Ottocento e considerato l’inventore del romanzo storico.
Traendo ispirazione dalla storia medievale e dalle leggende scozzesi, scrisse una serie di romanzi, in cui si fondevano realtà storica e finzione, destinati a fare scuola e a ispirare i più grandi romanzieri europei del XIX secolo, da Hugo a Tolstoj. La sua opera più nota, Ivanhoe, ambientata nell’Inghilterra del 1194, ispirò Alessandro Manzoni nella stesura di Fermo e Lucia, prima versione di quel capolavoro che più tardi prese il nome di I promessi sposi.

Walter Scott, poeta e romanziere scozzese

Walter Scott nacque il 15 agosto 1771 a Edimburgo da una famiglia di antiche tradizioni scozzesi; il padre, Walter, pur esercitando la professione di avvocato, si dedicava saltuariamente a studi storici e teologici; la madre Anne Rutherford, colta e raffinata, era figlia primogenita di un professore di medicina dell’Università di Edimburgo.


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Nel 1772 il piccolo Walter Scott si ammalò di poliomielite, malattia che lo rese claudicante. Data la sua salute cagionevole, il giovane Scott trascorse i suoi primi anni di vita nella fattoria paterna di Sandyknowe, villaggio ubicato in una zona conosciuta come Border, al confine tra Inghilterra e Scozia. Si trattava di un’area piuttosto isolata, ma ricca di un grande repertorio di leggende e racconti di avventure, che suscitarono una vivissima impressione sull’animo del giovane.

Inoltre, la fattoria sorgeva non lontano dalle rovine di Smailholm Tower, l’antica residenza paterna. Questi anni di vita trascorsi a contatto con la tradizione locale avrebbero esercitato una profonda influenza sulla sua produzione successiva, sia quella di ambito poetico che quella di genere prosastico. In particolare, lo scrittore fu fortemente colpito dai racconti dell’ultima insurrezione scozzese, la battaglia di Culloden del 1746, e delle dure conseguenze che essa ebbe sia sugli stessi combattenti, sia sugli animi della popolazione locale.

Nel 1775 poté fare ritorno ad Edimburgo e di lì si trasferì a Bath, dove iniziò cure presso le fonti termali. Tornato ad Edimburgo, nel 1778 il padre gli affiancò alcuni precettori perché lo preparassero agli studi imminenti: nel 1779 iniziò infatti a frequentare la prestigiosa Royal High School di Edimburgo.

Con il migliorare delle sue condizioni di salute, aumentò anche la sua passione per lo studio: il giovane Walter, pur non rivelandosi uno studente particolarmente promettente, divorava romanzi, resoconti di viaggio, poemi e libri storici. Il suo insegnante, James Mitchell, gli trasmise i rudimenti dell’aritmetica e della storia della Chiesa di Scozia, con particolare attenzione al fenomeno dei Covenanters. Conclusi gli studi, Scott si trasferì presso una zia a Kelso, dove frequentò la locale Scuola di Grammatica: qui conobbe James Ballantyne, che in seguito avrebbe illustrato alcuni dei suoi libri.

Le prime esperienze letterarie

Essendo il padre un affermato avvocato, Walter Scott fu indirizzato agli studi di diritto e iniziato alla professione forense. Pur non rispecchiando il suo vero interesse, la giurisprudenza sarà un aspetto preponderante nella sua produzione letteraria; nel mutamento delle leggi Scott vide il cambiamento sociale avvenuto nel corso dei secoli, il passaggio da una società arcaica ad una moderna.

Fu nel 1783 che Scott, alla precoce età di dodici anni, iniziò a frequentare i corsi di legge presso l’università di Edimburgo; nel 1786, invece, entrò nello studio legale del padre, mentre nel 1792 conseguì la laurea e cominciò ad esercitare la professione in tribunale. Malgrado i successi nella carriera forense, che gli avevano fruttato nel 1799 la carica di sceriffo di Selkirk e nel 1806 quella di cancelliere di corte di giustizia, Scott preferiva dedicarsi agli studi letterari, con una predilezione particolare per la tradizione storica e mitologica per la Scozia.


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Scott, in particolare, concepì un ardente entusiasmo per Shakespeare, Spenser e Ossian, che ben presto abbandonò in favore di Thomas Percy, autore di una Reliques of Ancient poetry che lasciò tracce profonde sulla sua fantasia. Furono proprio i testi di Percy a ispirargli le sue primissime esperienze letterarie, per lo più traduzioni di ballate tedesche: nel 1795 tradusse la Lenore e Der Wilde Jäger (Il cacciatore selvaggio) di Bürger e nel 1799 il Götz von Berlichingen di Goethe.

Intanto, Scott decise di approfondire la propria conoscenza del folclore scozzese compiendo frequenti viaggi che non di rado lo portarono ad esplorare terre remote e poco visitate: si recò nelle Highlands e nel Lake District, dove conobbe Charlotte Genevieve Charpentier, una giovane fanciulla figlia di un rifugiato francese con la quale si sposò il 24 dicembre 1797. Da questa relazione, piuttosto felice, nacquero cinque figli.

Nel 1802 Scott pubblicò i due volumi delle Border Ballads (accresciuti a tre nel 1803), dove incluse anche poesie di sua mano, come Glenfillas, scritta nel 1799. La popolarità di queste composizioni spinse lo scrittore a scrivere nel 1805 The Lay of the Last Minstrel, un lungo romanzo in versi di argomento scozzese che ebbe un grande successo. Questo decollo letterario fu prontamente seguito dalla pubblicazione di altri poemi caratterizzati dal medesimo stile, quali Marmion nel 1808, The Lady of the Lake nel 1810, The Vision of Don Roderick nel 1811, Rokeby e The Bridal of Triermain nel 1813, The Lord of the Isles nel 1815.

Il successo

L’incessante operosità di Walter Scott non si limitò al solo piano letterario e giuridico. Oltre a continuare le ricerche che portarono alla gestazione delle Border Ballads, dedicò molto tempo anche al lavoro militare, assumendo anche un comando nel reggimento di cavalleria leggera di Edimburgo; dal 1808 iniziò a collaborare con la Quarterly Review, una rivista politico-letteraria di orientamento conservatore.

Nel 1805, inoltre, Scott entrò a far parte di una tipografia fondata dall’amico Ballantyne; quando quest’ultima fallì nel 1812 si accordò con la società rivale di Constable, che basò la propria fortuna proprio sui suoi scritti. In questo modo Scott poté accumulare una notevole fortuna, con la quale poté coronare le proprie ambizioni di proprietario terriero: nel 1811 acquistò per quattromila sterline il castello di Abbotsford, possedimento che sarebbe stata la sua dimora fino alla fine dei suoi giorni.


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Furono questi per lui anni di grande attività letteraria. Dopo aver constatato il declino della fortuna dei suoi romanzi poetici, genere nel quale signoreggiava lord Byron, Scott si cimentò nella composizione di romanzi storici, per i quali ben presto rivelò una particolare vocazione. Nel 1814 pubblicò Waverley insieme a Ivanhoe, oggi riconosciuto come il capostipite dei romanzi storici: il testo, che miscela il tema del romanzo gotico alle vicende storiche nazionali, conobbe una grandissima popolarità di critica e di pubblico.

Fu questo solo l’inizio di un’incalzante serie di successi letterari: Guy Mannering fu pubblicato nel 1815; The Antiquary, The Black Dwarf e Old Mortality nel 1816; The Heart of Midlothian e Rob Roy nel 1818; The Bride of Lammermoor e The Legend of Montrose nel 1819; Ivanhoe, The Abbot e The Monastery nel 1820; Kenilworth nel 1821; The Pirate, The Fortunes of Nigel e Peveril of the Peak nel 1822; Quentin Durward nel 1823; St. Ronan’s Well e Redgauntlet nel 1824; The Betrothed e The Talisman nel 1825; Woodstock nel 1826. Tra i testi appena elencati, speciale menzione merita Ivanhoe: quest’opera, che ricostruisce l’epoca delle crociate e di Riccardo Cuor di Leone, ebbe una grandissima eco negli ambienti romantici e sancì la fortuna del «romanzo storico» in tutta Europa, ispirando anche Alessandro Manzoni nella stesura de I promessi sposi.

Ultimi anni e morte

Poco prima della pubblicazione del Woodstock, le finanze di Walter Scott subirono un tracollo. A causa del fallimento di Hurst e Blackett, agenti londinesi del Constable, si venne a formare un passivo di 117.000 sterline. Nonostante sia oggi difficile accertarne le effettive responsabilità, il dissesto finanziario era certamente dovuto anche alla cattiva amministrazione di Scott che, dando per scontata la stabilità finanziaria della società, aveva trascurato le questioni economiche, lasciandole al Ballantyne e ad altri che non disponevano di un’esperienza amministrativa pari alla sua.


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Per nulla scoraggiato, lo scrittore si addossò tutto il debito e cercò di pagarlo autonomamente, senza aiuto alcuno: sebbene funestato dal lutto della moglie, scomparsa nel 1826, preso da una sorta di furor scriptorius, scrisse in questo periodo un gran numero di romanzi e di biografie, tra cui una Life of Napoleon. Ciò, tuttavia, non bastò: in due anni, infatti, i creditori riscossero solo 40mila sterline.

Questo sforzo fu fatale per la sua salute. Colto nel 1830 da un insulto apoplettico, ne ebbe uno ancora più grave nell’aprile seguente: sperando che un clima più caldo potesse giovargli, nel settembre dello stesso anno si trasferì in Italia viaggiando su un incrociatore messogli a disposizione dal governo britannico.

Ritornato in patria nella primavera del 1832, morì di tifo il 21 settembre 1832 nella propria dimora di Abbotsford. Il debito, che dopo la sua morte ammontava a 54.000 sterline, fu onorato vendendo la proprietà di Abbotsford e cedendo ai creditori i diritti d’autore delle sue opere. Fu sepolto in una cappella dell’abbazia di Dryburgh