Scienza e Tecnologia

WhatsApp, i gruppi privati possono finire su Google: cosa sta succedendo?

Caos privacy per WhatsApp: i gruppi privati possono finire su Google. A renderlo noto è il  ricercatore di sicurezza informatica Rajshekhar Rajaharia, che ha informato il giornale online indiano Gadgets 360.
L’indicizzazione è iniziata solo di recente. Infatti, al momento della scrittura dell’articolo, avvenuta ieri 10 gennaio, nei risultati di ricerca c’erano oltre 1.500 link di invito a gruppi.

Alcuni dei link presenti tra i risultati di ricerca di Google portavano a gruppi in cui si condividono video pornografici, altri invece erano riservati a persone di determinati gruppi linguistici.

Cosa succede se i gruppi WhatsApp finiscono su Google

Rajshekhar Rajaharia ha documentato la sua scoperta con degli screenshot di pagine di ricerca su Google, quindi la presenza degli inviti ai gruppi WhatsApp tra i risultati Google è purtroppo confermata. Non è affatto una bella notizia: chiunque trovi quel link può infatti farci click sopra e entrare nel gruppo senza essere stato realmente invitato.

I rischi sono due: un estraneo potrebbe entrare nel nostro gruppo privato e farsi i fatti nostri e un minore potrebbe finire dritto dritto dentro un gruppo porno su WhatsApp.

La risposta

“Da marzo 2020, WhatsApp ha incluso il tag noindex in tutte le pagine dei link diretti e questo, secondo Google, le escluderà dall’indicizzazione – spiega la nota inviata da WhatsApp al giornale indiano – Abbiamo fornito il nostro feedback a Google per non indicizzare queste chat. Come promemoria, ogni volta che qualcuno si unisce un gruppo, tutti in quel gruppo ricevono una notifica e l’amministratore può revocare o modificare il link di invito del gruppo in qualsiasi momento.

Come tutti i contenuti condivisi in canali pubblici ricercabili, i collegamenti di invito pubblicati pubblicamente su Internet possono essere trovati da altri utenti WhatsApp. I link che gli utenti desiderano condividere in privato con persone che conoscono e di cui si fidano non dovrebbero essere pubblicati su un sito web accessibile pubblicamente”.

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