Wolfgang Abel, è morto all’età di 64 anni uno dei due serial killer “Ludwig”: era stato scarcerato nel 2016 dopo aver scontato la pena di 32 anni di reclusione per 15 omicidi avvenuti tra l’Italia e la Germani negli anni ’80.
Wolfgang Abel, è morto uno dei due serial killer “Ludwig”
Wolfgang Abel, uno dei due serial killer noti come “Ludwig”, è morto all’età di 64 anni. Abel, insieme a Marco Furlan, è stato condannato per 15 omicidi avvenuti in Italia negli anni ’80. I due erano responsabili di una serie di delitti rivendicati con volantini di contenuto neonazista e firmati con lo pseudonimo di “Ludwig”.
Abel era stato arrestato nel 1986 e successivamente condannato a numerosi anni di carcere. La sua morte segna la fine di una delle pagine più oscure della criminalità italiana. Furlan, suo complice, sta ancora scontando la pena. La notizia della scomparsa di Abel ha riaperto il dibattito sui crimini commessi tra l’Italia nord-orientale e la Germania Ovest.
Gli omicidi
Wolfgang Abel (Monaco di Baviera, 25 marzo 1959) e Marco Furlan (Padova, 16 gennaio 1960) sono due serial killer, autori di vari omicidi perpetrati nell’Italia nord-orientale e in Germania Ovest, rivendicati con volantini di contenuto neonazista e firmati con lo pseudonimo di “Ludwig“. Uccisero almeno 15 vittime, di cui 10 accertate.
I due membri del gruppo Ludwig erano entrambi figli dell’alta borghesia della città e provenivano dall’hinterland di Verona: Marco Furlan, residente nel prestigioso quartiere di Borgo Trento, era figlio del prof. Silvano Furlan, direttore del reparto di chirurgia plastica e centro ustioni dell’Ospedale Civile Maggiore di Verona Borgo Trento (a tal riguardo è emblematico il fatto che molte delle vittime di “Ludwig” furono arse vive) e al momento dell’arresto risultava in procinto di laurearsi in fisica presso l’Università di Padova; Wolfgang Abel viveva invece a Negrar, a pochi chilometri da Verona, dove la sua famiglia si era trasferita dopo un periodo a Monaco di Baviera. Figlio di un consigliere delegato di una compagnia assicuratrice tedesca, era laureato in matematica a pieni voti e lavorava nella medesima compagnia assicuratrice del padre.
I due si conobbero alla scuola superiore, trovandosi presto concordi circa la necessità di ripulire il mondo da tutto ciò che a loro avviso risultava “deviato”: prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti “peccaminosi”, discoteche e sale cinematografiche a luci rosse. Il loro rapporto proseguì anche oltre la scuola e si consolidò in virtù del fatto che entrambi frequentavano un gruppo di giovani dell’epoca, i quali usavano incontrarsi in piazza Vittorio Veneto a Borgo Trento.
Il primo omicidio di Ludwig risale al 25 agosto 1977, a Verona. Furlan e Abel gettarono quattro bottiglie molotov dentro a una Fiat 126 dove stava dormendo il senzatetto Guerrino Spinelli: l’uomo morì dopo otto giorni di agonia. Il 19 dicembre 1978 fu la volta del cameriere omosessuale Luciano Stefanato, bersagliato da 30 coltellate a Padova e il cui cadavere fu ritrovato con ancora le due lame conficcate nella schiena.
Quasi un anno dopo, il 12 dicembre 1979, a Venezia, Furlan e Abel uccisero a coltellate il ventiduenne Claudio Costa. Il 25 novembre 1980 i due rivendicarono per la prima volta questi delitti, inviando una lettera firmata col nome Ludwig (sovrapposto allo stemma della Germania nazista) alla redazione di Venezia del quotidiano Il Gazzettino.
L’assoluzione
La serie omicida proseguì il 20 dicembre 1980 a Vicenza con l’uccisione a colpi di ascia e di martello della prostituta cinquantaduenne Alice Maria Baretta.
Inoltre, Abel e Furlan diedero alle fiamme, il 25 maggio 1981, la torretta di Porta San Giorgio a Verona, una piccola struttura abbandonata facente parte delle vecchie fortificazioni austriache e divenuta ricovero per sbandati, tossicodipendenti e senza casa: nel rogo morì il diciassettenne Luca Martinotti, che stava trascorrendo la notte lì con l’amico di 18 anni Aurelio Angeli, rimasto gravemente ferito. Un terzo giovane, Fabrizio Ancona, ventitreenne di Raldon, riportò anch’esso delle ustioni, seppur in modo meno grave e per il quale vennero assolti.
Il 20 luglio 1982, Ludwig colpì padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, entrambi settantenni, frati del Santuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza, aggrediti mentre stavano passeggiando in via Cialdini (una strada che costeggia le mura della casa generalizia) e fatti oggetto di colpi di martello dai due giovani: padre Gabriele morì subito, mentre padre Giuseppe venne trasportato in gravissime condizioni all’Ospedale San Bortolo, dove spirò di lì a poco. Il 26 febbraio 1983, a Trento, uccisero il sacerdote don Armando Bison, che fu trovato con un punteruolo piantato nel cranio con attaccato un crocifisso.
Il 14 maggio 1983 diedero fuoco al cinema a luci rosse “Eros” di Milano, uccidendo 6 persone (compreso il medico Livio Ceresoli, 46 anni, entrato in sala per prestare soccorso e successivamente insignito della medaglia d’oro al valor civile) e ferendone 32.
I due killer, forse per ingigantire le loro imprese, rivendicarono anche l’incendio al sex club “Casa Rosso” di Amsterdam avvenuto il 16 dicembre 1983, che causò 13 morti e 16 feriti. Non fu rinvenuto nessun elemento che dimostrasse un legame tra questo fatto e Ludwig. Risulta, infatti, che l’attacco venne eseguito da Joseph Lan, un ex dipendente della struttura, il quale versò benzina nell’edificio e poi, secondo quanto riferito, appiccò il fuoco. Lan fu successivamente arrestato e condannato a 12 anni di reclusione.
L’8 gennaio 1984 appiccarono un incendio alla discoteca “Liverpool” di Monaco di Baviera, in cui morì una cameriera di origine italiana, Corinne Tartarotti, che lavorava nel locale, e altre 7 persone rimasero ferite; quest’ultimo atto venne rivendicato in un volantino inviato ad alcune testate giornalistiche, intitolato “Al Liverpool non si scopa più!”.
L’ultimo delitto e la cattura
La sera del 4 marzo 1984, i due criminali si recarono alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, dove in quel momento si trovavano 400 ragazzi, la maggior parte dei quali mascherati per la festa di carnevale. In un momento di confusione, uno dei due killer, travestito da Pierrot, aprì un’uscita di sicurezza e fece entrare il suo complice, che aveva con sé due borse contenenti altrettante taniche di benzina.
Seminascosti in un angolo buio, Abel e Furlan cominciarono a versare benzina sulla moquette e la incendiarono. I due tuttavia non avevano tenuto conto del fatto che i locali pubblici italiani avevano dovuto dotarsi di rivestimenti ignifughi a seguito dei provvedimenti promulgati dopo il rogo del cinema Statuto, avvenuto a Torino nel febbraio 1983. La moquette della discoteca era quindi resistente alla fiamma e rallentò la propagazione del fuoco, consentendo a un addetto alla sicurezza di estinguerlo.
Una volta scoperti, i due assassini tentarono di aggredire il buttafuori per fuggire, ma furono bloccati, accerchiati dalla folla e infine arrestati dalla polizia, che li salvò dal linciaggio da parte degli avventori del locale. Il numero delle azioni omicide di “Ludwig” si concluse così, con 15 morti e 41 feriti.