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Yul Brynner, protagonista in alcuni kolossal fra gli anni Cinquanta e Sessanta

Yul Brynner, all’anagrafe Julij Borisovič Briner (talvolta scritto anche Brinner) è stato un attore russo naturalizzato statunitense. È entrato nella storia del cinema per aver interpretato ruoli da protagonista in alcuni colossal fra gli anni ’50 e ’60.
Figlio di Boris Bryner e Marusja Blagovidova, Brynner sostenne con la stampa statunitense di essere nato nel 1915 sull’isola russa di Sachalin col nome di Tadje Khan, da un padre di nazionalità russa con origini in parte mongole e in parte siberiane.

Yul Brynner, un attore russo naturalizzato statunitense

Esistono versioni differenti sia sulla data sia sul luogo di nascita, quella più attendibile è correlata alla data 11 luglio 1920 presso la città russa di Vladivostok. Yul Brynner e i suoi figli sono cittadini del comune elvetico di Möriken-Wildegg.


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Sussistono dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato da Brynner sul proprio anno di nascita: in primis perché su varie biografie sono attestati anche il 1912 e il 1920, in secondo luogo perché proprio quest’ultima data è riportata sulla sua tomba, che comunque non necessariamente costituisce prova definitiva.

A ciò va aggiunto che in una biografia dell’attore pubblicata nel 2006, intitolata Empire and Odyssey: The Brynners in Far East Russia and Beyond, il figlio Yul Brynner II (“Rock” Brynner) smentisce le date dichiarate dal padre. I motivi per cui l’attore abbia dato informazioni inesatte non sono chiari. Invece quel che appare come un dato incontrovertibile è che il padre di Yul Brynner fosse un russo di famiglia ebraica e la madre fosse figlia di un padre russo-ebraico e di una madre russo-rom.

Gli inizi

Nel 1927, dopo la separazione dal marito, la madre di Brynner si trasferì prima a Harbin (Cina) dove Yul frequentò una scuola della YMCA, poi a Parigi nel 1933. Qui Brynner esercitò vari mestieri, tra cui il chitarrista nei locali notturni parigini e anche il trapezista nel “Cirque d’Hiver”. Nel 1940 Brynner si trasferì negli Stati Uniti, stabilendosi a New York, dove studiò teatro con la compagnia di Michail Aleksandrovič Čechov.

Durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò come interprete in francese per l’esercito americano nelle trasmissioni destinate alla Resistenza francese. Nel 1946 iniziò a lavorare a Broadway come attore teatrale, poi nel 1949 debuttò come attore cinematografico nel film Il porto di New York, per la regia di László Benedek.


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Yul Brynner con Anne Baxter in I dieci comandamenti (1956) di Cecil B. DeMille.

L’ascesa

Brynner raggiunse la celebrità negli anni Cinquanta, quando interpretò con successo il re del Siam nel musical teatrale The King and I. Lo spettacolo arrivò fino a Broadway e valse a Brynner il Tony Award come miglior attore. Sull’onda del successo teatrale, i produttori cinematografici Charles Brackett e Darryl Zanuck acquisirono i diritti della pièce per trarne un film, affidando la regia a Walter Lang e i ruoli dei due protagonisti ancora una volta a Brynner e a Deborah Kerr.

Il film Il re ed io, che uscì nelle sale nel 1956, riscosse un grande successo e va ricordato per aver lanciato Brynner anche sul grande schermo procurandogli l’Oscar per la migliore interpretazione maschile. Nel ricevere il premio dalle mani di Anna Magnani, Brynner pronunciò una battuta molto citata: “Spero non sia un errore, perché non lo darò indietro per nulla al mondo”. Il ballo tra i due attori protagonisti, sulle note di Shall we dance?, è diventato un cult del grande schermo, più volte citato in altri film, per esempio nella commedia Due padri di troppo (1997) con Robin Williams e Billy Crystal.


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Brynner (primo a sinistra) ne I magnifici sette.

Sempre nel 1956 Brynner affrontò un altro ruolo fondamentale per la sua carriera, quello del crudele faraone Ramesse II nel kolossal I dieci comandamenti, in cui recitò al fianco di Charlton Heston che interpretava il ruolo di Mosè. Brynner offrì un’altra memorabile interpretazione che gli valse la definitiva consacrazione nel panorama delle nuove star hollywoodiane. Nello stesso anno Brynner fu anche interprete di Anastasia, un’altra prestigiosa pellicola, in cui recitò al fianco di Ingrid Bergman.

Anni Sessanta

Dal 1956 Brynner lavorò con continuità fino al 1960, anno in cui la sua carriera toccò l’apice, con l’interpretazione del personaggio che rimase forse più concretamente inciso nell’immaginario collettivo: il pistolero Chris Adams nel film I magnifici sette, indimenticabile western diretto da John Sturges e ispirato a I sette samurai di Akira Kurosawa, con un cast eccezionale: Steve McQueen, Charles Bronson, James Coburn, Eli Wallach, Robert Vaughn e che annoverò anche Brad Dexter e un giovane Horst Buchholz, con una colonna sonora destinata a entrare nella storia del cinema.

Il film ottenne un successo enorme ai botteghini di tutto il mondo, grazie a una notevole raffinatezza stilistica e di racconto e soprattutto grazie alla caratterizzazione di alcuni personaggi attorno i quali ruota la vicenda, che rimane in larghissima parte debitrice all’originale film giapponese dal quale sono riprese precisamente molte situazioni. Com’era facile immaginare questa pellicola ebbe un sequel: Il ritorno dei magnifici sette (1966), diretto da Burt Kennedy, in cui Brynner interpretò nuovamente il ruolo di Chris Adams.


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Pare che il secondo film della serie abbia incontrato una fase di pre-produzione piuttosto turbolenta: all’epoca si vociferò che Brynner avesse posto il veto alla partecipazione di Steve McQueen con cui aveva avuto probabilmente dei dissapori; tuttavia lo stesso McQueen mostrò scarso interesse per il progetto, ragion per cui il problema non si pose.

Nulla di ufficiale fu detto né su questa diatriba né sull’eventuale pomo della discordia, per cui tutto rimase sul piano di una speculazione priva di conferme. Il film ebbe un discreto successo al botteghino, tanto da stimolare la produzione di ulteriori due sequel: Le pistole dei magnifici sette (1969) e I magnifici sette cavalcano ancora (1972), a cui tuttavia Brynner non partecipò.

Nel corso degli anni Sessanta Brynner offrì interpretazioni in ruoli non altrettanto epici, ma comunque in film di grande successo come I morituri (1965), in cui recitò al fianco di Marlon Brando, e La pazza di Chaillot (1969) con Katharine Hepburn.

Anni Settanta

Sul finire degli anni Sessanta la carriera di Brynner sembrava avviata al declino. Approdò quindi ai B movie in cui il peso del suo trascorso lo costrinse a interpretare ruoli che erano sostanzialmente caricature di quelli storici che lo avevano portato al successo, tra i quali l’italiano Indio Black, sai che ti dico: Sei un gran figlio di… (1970).

L’estremizzazione di questa piega che prese la sua carriera arrivò nel 1973 quando partecipò al fantascientifico Il mondo dei robot dove interpretava un pistolero-automa, ironica rivisitazione del personaggio di Chris Adams de I magnifici sette; in questa pellicola Brynner non ebbe naturalmente modo di mettersi in mostra, confinato com’era in un ruolo quasi totalmente privo di battute e decisamente non più aderente al suo fisico appesantito e invecchiato.

Il film ebbe tuttavia un ottimo riscontro di pubblico e la carriera di Brynner riprese temporaneamente slancio. Il mondo dei robot s’impresse fortemente nella cultura popolare americana, arrivando ad avere un sequel nel film Futureworld – 2000 anni nel futuro (1976).



Attore poliedrico, versatile, e capace di reggere senza problemi ruoli drammatici e più “leggeri”, Brynner era caratterizzato da una recitazione enfatica, in parte retaggio delle sue origini teatrali, in parte dovuta alla tendenza dell’epoca. Pur non essendo molto espressivo, Brynner aveva uno sguardo penetrante che sapeva sfruttare al meglio nella caratterizzazione dei suoi personaggi.

Pur tenendo conto di tutto ciò e ben sapendo che nel corso della sua carriera poté sperimentare vari personaggi e generi, l’etichetta che gli rimase fu quella di interprete di personaggi duri, autoritari, carismatici, che trovavano naturale collocazione all’interno di vicende eroiche, che all’epoca venivano raccontate per lo più in film biblici, di guerra, o nei western. Forse per questo la sua carriera conobbe un prematuro e immeritato declino nel momento in cui i generi sopracitati iniziarono a perdere appeal nei confronti del pubblico, soprattutto per i western e i kolossal biblici che dalla metà degli anni Settanta videro l’inizio di una crisi che, forse, si è risolta solo negli ultimi anni, nei quali stanno conoscendo una sorta di “rinascita”.

“Alla Yul Brynner”

Yul Brynner all’epoca del suo massimo successo era considerato un sex symbol, anche grazie a quello che è divenuto il suo vero marchio di fabbrica: il capo rasato. In un’epoca in cui non era nient’affatto comune la rasatura a zero, Brynner si rasò completamente il capo per interpretare il ruolo del Re del Siam nel 1951 e da allora, visto il successo riscontrato con quell’inedito look, non cambiò mai stile.


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Apparve nuovamente con i capelli, non sempre suoi, in alcuni film come Salomone e la regina di Saba (1959), Taras il magnifico (1962), Viva! Viva Villa! (1968). Il successo di quel look particolare per l’epoca fu tale che si sente molto spesso l’espressione “alla Yul Brynner” per designare la rasatura a zero dei capelli e i riferimenti nella cultura popolare di questo genere di espressioni abbondano.

Vita privata

Il 6 settembre 1944 sposò l’attrice Virginia Gilmore, da cui ebbe un solo figlio, Yul Brynner II (nato il 23 dicembre 1946), soprannominato “Rock” da suo padre in onore del pugile Rocky Graziano, vincitore del titolo mondiale dei pesi medi nel 1947. Rock, diventato uno scrittore di discreto successo, nel 2006 ha scritto un libro sul padre e sulla storia della sua famiglia intitolato Empire and Odyssey: The Brynners in Far East Russia and Beyond. Brynner e la Gilmore divorziarono nel 1960.


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Yul Brynner e Virginia Gilmore.

Nel 1960, durante le riprese de I magnifici sette, Brynner sposò la modella Doris Kleiner. Victoria Brynner (nata nel novembre 1962), la loro unica figlia, ebbe come madrina la leggendaria Audrey Hepburn. La coppia divorziò nel 1967.